giovedì 2 giugno 2011

[IL GRUPPO 63] 6 maggio 2003: un pomeriggio di fine inverno del 1963

Che del gruppo 63 si celebri in questi giorni a Bologna il quarantennale e che io, che quarantanni fa l’ho inventato (come poi spiegherò), non sia stato invitato, la dice lunga sul carattere di queste celebrazioni. A un’amica che chiedeva a Balestrini (o a Barilli, domandatelo a lei) per quali ragioni non m’invitassero, fu data, mi ha riferito questa spiegazione: «Perché è anticomunista» (o anticastrista, as you like). Naturalmente non me ne importa niente. Anche Fidel Castro è al potere da quarant’anni, e se Balestrini o Barilli vogliono fare a gara con lui, per non so che Guinness dei primati, si accomodino pure. Ma mi sembra che si ripeta quel che avveniva ai tempi del cosiddetto «socialismo reale» che le fotografie venivano «ritoccate», che certi personaggi scomodi venivano cancellati con la biacca e al loro posto si metteva un albero o un cespuglio. Se posso chiedere, mi piacerebbe che al mio posto mettessero un fico d’india, in ricordo di quella prima riunione del gruppo a Palermo.


Come si arrivò a quella riunione di Palermo, io lo ricordo bene. Tutto cominciò un pomeriggio di fine inverno del 1963, nel mio ufficio di via Andegari, una stanzetta tre per tre all’ultimo, piano, che dividevo con Enrico Filippini. Era presente anche Nanni Balestrini, Filippini era appena tornato dalla Germania e raccontava con molta eccitazione l’esperienza fatta assistento a una riunione del Gruppo 47.
Il Gruppo 47 era Stato creato nel 1947 appunto dai giovani scrittori tedeschi a cui gli editori del loro paese non pubblicavano i libri, perchè, dicevano, non c’era la carta, gli occupanti alleati la razionavano. «Non ci pubblicate i libri - avevano risposto gli scrittori- e allora noi li leggeremo in pubblico
». Poi le restrizioni di carta erano cessate, ma gli scrittori tedeschi continuarono in quella consuetudine contestativa. Da quell’esperienza Filippini aveva qualche mese prima tratto un libro della collana «Le comete» (che io dirigevo) intitolato Il dissenso, un’antologia di nomi fino allora sconosciuti in Italia: Johnson, Grass, Walser, Nossack Weiss eccetera.

L’idea era di ripetere, l’esperienza anche da noi: il nostro mercato letterario era bloccato dall’egemonia del realismo (parallela ad un’altra egemonia), per romperla bisognava portare il fare letterario in piazza, leggere i libri dei nuovi autori in pubblico. Per fortuna noi avevamo in mano anche una casa editrice (di cui io ero il  direttore letterario) e di carta ne avevamo quanta volevamo.

In questo c’era anche - perchè non ammetterlo? - una certa competizione con l’altro ramo della Feltrinelli, quello romano, capitanato da Giorgio Bassani. Perciò furono bene accolti tra noi anche il gruppo degli amici di Umberto Eco che facevato capo alla Bompiani e che avevano in corso una (così sembrava) scherzosa polemica con Bassani e Cassola.
A mente fredda dovevo dirmi che quella polemica non era poi così innocente: contro Bassani agiva anche un fondo oscuro di antisemitismo, e a Cassola una certa parte della sinistra non aveva mai perdonato di aver scritto La ragazza di Bube.



Furono proprio queste ambigue correnti sotterranee che in seguito minarono a morte il Gruppo 63. Era nato per esprimere il dissenso delle nuove generazioni di letterali e fini per diventare - come sospetto sia ora - una delle tante cinghie di trasmissione della burocrazia di sinistra. La sua data cimiteriale fu il 1968: ce ne andammo io, Filippini, Giuliani, Manganelli, ecc. Invece Sanguineti si fece eleggere senatore dal Pci, Balestrini si dedicò all’epopea dei compagni che sbagliano, Eco, Barilli Guglielmi eccetera. Va be’, lasciamo perdere. Quarant’anni? Buon pro gli faccia. 






27 mag 2004 ... Dall' amicizia con Fidel Castro e Giangiacomo Feltrinelli alle implacabili denunce delle ingiustizie nei Paesi.

nota. Riva a via margutta in Casa Pagliarani ebbe al suo nascere parole entusiate per la videor, videorivista, appena nata. Vogliamo ricordarlo qui ora.

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